Dedalo e Icaro

Jacob Peter Gowy, da bozzetto di P. P. Rubens, La caduta di Icaro (1636-1638), olio su tela, Madrid (Spagna), Museo del PradoDedalo, figlio di Eupalamo (o di Eufemio o secondo altri di Mezione), era un uomo dall'ingegno straordinario tanto che si racconta che fosse stato allievo del dio Ermes o secondo altri della dea Atena. Godeva di una fama straordinaria in tutto il mondo conosciuto grazie alle sue abilità di architetto, scultore ed inventore.

Abitava ad Atene, dove aveva un avviato laboratorio. Molti apprendisti lavoravano con lui e tra questi c'era anche suo nipote Acale (noto anche come Talo o Perdice), figlio della sorella. Acale, dimostrava una incredibile abilità già  a soli dodici anni ed era così geniale che un giorno mentre era sulla spiaggia con i suoi compagni notò una lisca di pesce (secondo altri la mascella di un serpente) che gli diede l'idea per costruire una sega con il ferro. Furono sue l'invenzione del compasso per disegnare i cerchi; la ruota da vasaio ed altre tanto che Dedalo, preoccupato dal fatto che il nipote stesse oscurando la sua fama, decise di ucciderlo.
    

Una mattina si recò con Acale sull'Acropoli, sul tetto del Tempio di Atena e lo spinse giù.

La dea Atena, vista la scena, impietosita per Acale decise di sostenerlo in aria e lo trasformò in pernice da cui gli derivò il nome di Perdice.

Così Ovidio narra nelle Metamorfosi, VIII, 236-259: "Mentre Dedalo riponeva nella tomba il corpo dello sventurato Icaro, una loquace pernice, nascosta tra la sterpaglia fronzuta, lo scorse, e si rallegrò allo spettacolo sbattendo le ali e manifestando la sua allegrezza col canto.
Questo uccello, mai visto prima di allora, era divenuto tale da poco, perpetuo rimprovero per te, Dedalo.
La sorella infatti, ignara del destino, aveva affidato a costui, perchè lo istruisse, il proprio figlio (Acale), fanciullo di soli dodici anni, ma ben disposto ad apprendere.
Avendo osservato come erano disposte le spine nel dorso dei pesci, ne trasse il modello per incidere sul ferro affilato denti taglienti, inventando così la sega. (...) Dedalo spinto dall'invidia lo precipitò dalla rocca sacra a Minerva, fingendo una disgrazia. Ma Pallade, protettrice delle arti, ricoprendolo di penne durante la caduta lo sostenne e lo mutò in uccello,. Conservò ancora il suo nome, ma la vigoria del suo ingegno, un tempo pronto, passò nelle ali e nelle zampe.
Questo uccello non può infatti librare in alto il proprio corpo nè fare il nido tra i rami o su cime elevate; svolazza terra terra, deponendo le uova nelle siepi, e , memore dell'antica caduta, teme i voli troppo alti."

Dedalo tentò di far credere che Acate fosse caduto accidentalmente ma non fu creduto. Seguì un lungo processo ed alla fine, considerata la sua fama, fu condannato all'esilio.

Si recò così a Creta, e si presentò al re Minosse, offrendogli i suoi servizi. Il re fu lieto di ospitarlo e iniziò ad affidargli diversi incarichi.

In quel periodo Poseidone aveva inviato al re Minosse un toro bianco di incredibile bellezza affinchè gli fosse sacrificato questo perchè Minosse aveva pregato il dio del mare di inviargli un segno della predilezione che aveva nei suoi confronti rispetto ai suoi fratelli che volevano regnare con lui su Creta.  Poseidone, esaudì la sua richiesta ma Minosse, colpito dalla bellezza del toro, non ebbe cuore di ucciderlo ed in sua vece fece uccidere un altro toro. Poseidone, irato dall'affronto subito, fece innamorare follemente Pasifae, moglie di Minosse, del toro bianco. La donna, in preda all'amore più cieco, si rivolse a Dedalo affinchè le costruisse una vacca di legno nella quale potersi nascondere per avere il tanto desiderato amplesso. Dedalo, costruì una vacca tanto somigliante che il toro venne tratto in inganno e si unì a Persifae che si era nascosta all'interno della vacca.

Da questa unione nacque il Minotauro, essere con la testa di toro ed il corpo di uomo. Re Minosse, spaventato ed innorridito da quel bambino dall'aspetto tanto mostruoso, ordinò a Dedalo di costruire un labirinto tanto complesso, in modo che chi vi entrasse, non riuscisse più a ritrovare l'uscita ed al suo interno imprigionò il Minotauro.

Poichè il Minotauro si cibava di carne umana, Minosse gli forniva periodicamente schiavi e fanciulli ateniesi (che la stessa città gli forniva come tributo in seguito ad una disfatta).

In quel tempo arrivò a Creta l'eroe Teseo per combattere il Minotauro. Arianna, figlia del re Minosse e di Parsifae si innamorò del giovane e decise si aiutarlo nell'impresa chiedendo a Dedalo di indicarle un modo per uscire dal labirinto. Dedalo le fornì allora un gomitolo di lana che doveva essere svolto mano mano che ci si addentrava nel labirinto. Teseo quindi entrò, uccise il Minotauro e riuscì ad uscirne grazie al gomitolo. Una volta fuori dal labirinto, fuggì con Arianna che poi abbandonò nell'isola di Nasso.
    
Quando Minosse scoprì che Teseo era riuscito nella sua impresa grazie all'aiuto di Dedalo, imprigionò nel labirinto lo stesso Dedalo assieme a suo figlio Icaro (1) che aveva avuto da Naucrate, una delle schiave di Minosse. Dedalo, dapprima si disperò ma dopo poco tempo ebbe un'idea geniale: costruire due paia di ali per fuggire via dal labirinto. Iniziò così ad intrecciare delle penne saldando le più piccole con della cera.

Prima di decollare, Dedalo, ordinò a suo figlio di non volare nè troppo alto in quanto il calore del sole avrebbe sciolto la cera che teneva insieme gli intrecci, nè troppo basso in quanto le onde del mare potevano bagnare le ali appesantendole. Ma Icaro, una volta in volo, preso dall'ebbrezza per questa straordinaria esperienza non tenne conto dei consigli paterni e volò così in alto che la cera si sciolse e precitò in mare. Dedalo accortosi che il figlio non lo seguiva, ritornò indietro e l'unica cosa che vide furono delle piume che galleggiavano. Recuperato il corpo del figlio, Dedalo lo portò in un'isola vicina che chiamò Icaria, in onore di Icaro.
Così Ovidio narra nelle Metamorfosi, VIII, 183-235 : " (...) Dedalo, annoiato di Creta, e punto dalla nostalgia del luogo natio, non soffrì a lungo la prigionia impostagli,. "Possono precludermi il mare e la terra - disse - ma il cielo è certamente libero: andremo via per di là. Possieda pure Minosse tutto quanto desidera ma non sarà di sicuro padrone dell'aria" Volse allora la mente ad arti fino all'ora sconosciute, e rinnovellò la natura; dispose infatti secondo un dato ordine delle penne, poi, con del filo, fermò le parti di mezzo, fissò quindi con la cera le estremità inferiori e le piegò incurvandole lievemente così da imitare i veri uccelli. (...) Dopo aver dato l'ultimo ritocco al suo lavoro, l'artefice librò il proprio corpo sulle due ali, e restò sospeso nell'aria agitata. Poi istruì il figlio dicendogli: "tieni la via di mezzo o Icaro, ti raccomando; così se andrai basso l'onda appesantirà le penne, se troppo in alto, il sole le brucerà.. Vola tra l'una e l'altra: prendi la strada che io ti mostrerò". (...) E già avevano lasciato sulla sinistra l'isola di Samo, e sorpassate Delo e Paro; a destra era già Lebinto e Calimno feconda di miele.

Allorchè il giovinetto cominciò a godere dell'audace volo e abbandonò la sua guida; attratto dal desiderio del cielo, tenne un cammino più alto. La vicinanza del cielo ardente rammollì la cera profumata che teneva unite le penne, ed egli, battendo le braccia nude, privo di remeggio, non trovava non trovava appiglio che potesse sostenerlo nell'aria.. La sua bocca mentre invocava il nome del padre, fu chiusa dall'azzurro mare che da lui prese il nome ... il padre infelice ormai non più padre, disse: "Icaro" Icaro, dove sei? in quale luogo ti cercherò, Icaro?" Seguitava a chiamare "Icaro" ma quando vide le penne sparse sulle onde maledisse la sua arte. Poi allestì un sepolcro, dal nome dell'estinto, quella terra fu chiamata Icaria. "

Dopo aver seppellito il figlio Dedalo riprese a volare fino a quando decise di fermarsi a Cuma, in Italia, nei pressi di Napoli, dove costruì uno splendido tempio in onore del dio Apollo e ai piedi del quale depose le ali.

Minosse che non si dava pace per la fuga di Dedalo. Aveva allestito una grande flotta con la quale lo cercava ovunque portando con se una conchiglia di Tritone ed un filo promettendo, in ogni luogo dove si fermava, una grossa ricompensa a colui che avesse saputo far passare il filo tra le spire della conchiglia. Minosse sapeva che nessuno sarebbe stato in grado di risolvere il problema, eccetto Dedalo.

Dedalo nel frattempo si era rifugiato a Camico in Sicilia, ospite del re Cocalo.

Minosse arrivato a Camico, propose il dilemma anche a Cocale che chiese aiuto a Dedalo. Dedalo, attaccò il filo ad una formica e la introdusse nella conchiglia al cui capo estremo aveva posto una goccia di miele.  Quando il re portò la conchiglia a Minosse, questi capì subito che l'artefice era Dedalo e pretese dal re che gli fosse consegnato. Ma sia il re che le sue figlie non volevano privarsi della compagnia di Dedalo perchè allietava le loro giornate costruendo incredibili balocchi. Fu così allora che mentre Minosse si faceva il bagno, le giovani principesse versarono acqua bollente nella vasca, uccidendolo. Esse poi giustificarono la sua morte attribuendola alla sua distrazione, dicendo che era caduto accidentalmente in una vasca di acqua bollente (2).

Il cadavere di Minosse fu quindi restituito ai cretesi dicendo che il re inciampando in un tappeto, era caduto in un calderone di acqua bollente. La leggenda vuole che Minosse per la sua integrità morale e la sua rettitudine fu assunto da Zeus come giudice supremo dell'Ade assieme al suo nemico Eaco e suo fratello Radamanto.

Dante nell'Inferno (V, 5-15) lo rappresenta in questo modo:

"Stavvi Minos, orribilmente, e ringhia,
Esamina le colpe nell'entrata,
Giudica e manda , secondo ch'avvinghia.
Dico che quando l'anima mal nata
Gli vien dinanzi, tutta si confessa;
E quel conoscitor delle peccata
Vede qual loco d'Inferno è da essa;
Cignesi con la coda tante volte,
Quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Sempre, dinanzi a lui, ne stanno molte;
Vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
Dicono e odono e poi son giù volte."
    
Dedalo visse ancora diversi anni in Sicilia che la lasciò per unirsi a Iolao (3), nipote di Eracle, in Sardegna (Italia) dove continuò la sua professione. Le molte delle opere che contribuì a costruire furono chiamate costruzioni dedaliche o dedalea(4).

Note:
(1) Secondo altri perchè aveva scoperto che aveva aiutato la moglie Pasifae ad accoppiarsi con il toro bianco.
(2) Un'altra versione vuole invece che fu Dedalo a passare un tubo sul tetto della stanza da bagno versandoci dentro dell'acqua bollente o della pece.
(3) Figlio di Ificle (fratellastro di Eracle) Iolao era nipote di Eracle. Aiutò lo zio nella lotta contro l'Idra di Lerna, fornendogli i tronchi infiammati con cui bruciare i colli del mostro affinchè non rinascesse la testa. Secondo alcuni partecipò anche alla spedizione degli argonauti ed alla caccia del cinghiale Calidonio. Dopo la morte di Eracle, si alleò con Teseo nella lotta contro Euristeo poi migrò in Sardegna dove morì.
(4) Come ci hanno tramandato Pausania storico, geografo ed erudito greco di metà del II sec. d.C. e Diodoro Siculo, storico greco di  circa il 90 a.C.

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